Studi IntegraliL'uomo e la scienzaTransdisciplinarità

Coscienza non locale: la mente oltre il cervello?

 

È la domanda più antica di tutte: dove si trova la coscienza?

Per la neuroscienza classica, la risposta è semplice: nel cervello. Le nostre esperienze soggettive sarebbero il risultato dell’attività di miliardi di neuroni che si accendono e spengono in schemi complessi.

Eppure, da qualche decennio, un gruppo crescente di ricercatori — fisici, filosofi e medici — propone un’idea radicale: che la coscienza non sia confinata nel corpo, ma esista in una dimensione “non locale”, capace di oltrepassare i limiti dello spazio e del tempo.

 

Cos’è la teoria della coscienza non locale

La coscienza non locale (in inglese non-local consciousness) è una teoria che rovescia il paradigma neuroscientifico tradizionale.

In questa prospettiva, la mente non è un prodotto del cervello, ma un campo di informazione universale, di cui il cervello sarebbe un ricevitore o un modulatore

È un’idea che ricorda certe visioni orientali — dal Vedānta al Buddhismo — ma che alcuni scienziati stanno cercando di formulare con rigore matematico e fisico.

La coscienza non è creata dal cervello, ma mediata dal cervello, come una radio che capta un segnale preesistente.” — Pim van Lommel, cardiologo e studioso di esperienze di pre-morte.

 

Dai microtubuli alla meccanica quantistica

Tra i principali sostenitori di una mente “quantica” c’è Roger Penrose, premio Nobel per la Fisica nel 2020, insieme all’anestesista Stuart Hameroff.

La loro teoria, chiamata Orch-OR (Orchestrated Objective Reduction), sostiene che nei microtubuli delle cellule nervose si generino stati quantistici di superposizione che, collassando in modo coordinato, producono l’esperienza cosciente. (vedi nostro articolo:  Roger Penrose e “la mente nuova dell’imperatore” )

Secondo Penrose e Hameroff, la coscienza non è quindi un’illusione emergente, ma un fenomeno fondato sulla struttura stessa della realtà, dove la non località quantistica gioca un ruolo cruciale.

 

Coscienza senza cervello? Le esperienze di pre-morte

La teoria trova sponde anche in alcuni dati clinici difficili da spiegare.

Negli anni Duemila, il cardiologo olandese Pim van Lommel ha documentato decine di casi di esperienze di quasi-morte (NDE), in cui pazienti in arresto cardiaco riferivano percezioni lucide mentre il cervello risultava in attività minima o assente.

Secondo van Lommel, la coscienza potrebbe non spegnersi con il cervello, ma “sintonizzarsi” altrove, come se esistesse un campo di consapevolezza indipendente dal corpo.

(Fonte: Van Lommel, Consciousness Beyond Life, HarperCollins, 2010).

 

Fisica e filosofia: verso un nuovo paradigma

La meccanica quantistica ha già mostrato che la realtà non è così locale come pensavamo: due particelle “entangled” possono influenzarsi istantaneamente, anche se separate da chilometri. (vedi nostro articolo: Entanglement: uno sconcertante enigma )

Da qui l’idea — ancora controversa — che la coscienza possa emergere da connessioni non locali tra sistemi fisici.

Un recente articolo su arXiv (“Non-separability of Physical Systems as a Foundation of Consciousness”, 2022) propone che la “non separabilità” sia la condizione fisica necessaria alla consapevolezza.

Nel frattempo, filosofi come David Chalmers e Thomas Nagel continuano a ricordarci che il problema della coscienza resta “hard”, difficile: nessuna teoria puramente fisica spiega ancora perché esista un’esperienza soggettiva.

 

Le critiche: tra scetticismo e metodo

Il mondo accademico resta prudente.

Per la maggior parte dei neuroscienziati, la coscienza non locale è un’ipotesi suggestiva ma non verificabile.

I fenomeni citati — NDE, visioni fuori dal corpo, esperienze mistiche — possono avere spiegazioni neurobiologiche:

  • carenza di ossigeno,
  • rilascio di endorfine,
  • alterazioni dei lobi temporali,
  • o semplici costruzioni mentali post-evento.

Inoltre, gli stati quantistici nel cervello durerebbero miliardesimi di secondo: troppo poco per sostenere processi cognitivi coerenti.

 

Dalla meditazione alla fisica dei campi

Al di là della verifica empirica, la coscienza non locale affascina anche perché sembra un punto d’incontro tra scienza e spiritualità.

Molti praticanti di meditazione, yoga o stati di consapevolezza profonda descrivono esperienze di “unità” con l’universo: un senso di presenza estesa, senza confini.

Alcuni studi neuroscientifici mostrano che in queste condizioni si riduce l’attività della “default mode network”, l’area cerebrale associata al senso dell’io, lasciando spazio a stati percettivi più integrati.

Non è la prova di una coscienza non locale — ma il segnale che la mente può superare i limiti abituali della percezione.

 

E se fosse tutto vero?

Se la coscienza fosse davvero non locale, le conseguenze sarebbero rivoluzionarie.

La morte non sarebbe la fine, ma una transizione di stato.

L’identità personale si estenderebbe oltre il cervello e il corpo.

E la comunicazione tra esseri viventi — e forse con l’universo stesso — potrebbe basarsi su un livello profondo di interconnessione.

Per ora restano ipotesi. Ma come scriveva il fisico Erwin Schrödinger: “La coscienza è una sola. Il molteplice è solo apparenza.”

 


 

Per approfondire

  • Penrose, R. & Hameroff, S. (2014). Consciousness in the Universe. Physics of Life Reviews.
  • Van Lommel, P. (2010). Consciousness Beyond Life. HarperCollins.
  • Chalmers, D. (1996). The Conscious Mind: In Search of a Fundamental Theory.
  • ArXiv (2022). Non-separability of Physical Systems as a Foundation of Consciousness.
  • Tegmark, M. (2000). Decoherence in Brain Processes. Physical Review E.

 

2 pensieri riguardo “Coscienza non locale: la mente oltre il cervello?

  • Tonka Ganceva

    Buongiorno.
    Innanzi tutto grazie di questo articolo e di tanti altri che seguo con grande interesse e che abbracciano campi affascinanti ma poco conosciuti da me…
    La seguo da tempo, da quando lessi un suo libretto fantastico ambientato nei luoghi di S. PIETRO IN VINCOLI…
    Mi fu consigliato dalla Dottoressa Rosati, figura chiave del mio percorso.
    Mi risolvo a scriverle per avere notizie di Maria Pia. Da tempo telefono e invio messaggi ma senza risposta. Non ho altri contatti…
    Ancora grazie dell’attenzione…e spero di sentirla presto. Tonka

    Rispondi
  • F.A. Scanzani

    Buongiorno,
    la tua esposizione è veramente chiara e ti ringrazio per averla scritta. Come dimostri di aver compreso, sicuramente anche in modo più chiaro di quanto lo abbia io, è nella condivisione l’essenza della nostra esistenza in questo spaziotempo.
    Sicuramente ci saremo incontrati ai tempi di S.Pietro in vincoli in quanto immagino che tu abbia la mia stessa età. Perdonami ma non mi ricordo se addirittura abbiamo partecipato assieme ad alcuni corsi di quantistica e relatività ( vd es. proff. Gori, Maschio) ma senza dubbio il nostro percorso di studio e di ricerca è comune e mi farebbe piacere prima o poi condividere i nostri comuni obiettivi raggiunti prima di lasciare questa vita.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.