Studi IntegraliL'uomo e la scienza

Roger Penrose e “la mente nuova dell’imperatore”

Con grande emozione e soddisfazione abbiamo appreso pochi giorni fa la notizia che Sir Roger Penrose, uno degli studiosi più illuminati, brillanti e controversi sull’attuale palcoscenico della fisica ha ricevuto il Premio Nobel per la Fisica 2020.

In diretta dall’Accademia Reale delle Scienze, il premio è stato accompagnato da questa descrizione: “Einstein ha fornito il quadro teorico ma anche secondo Einstein la matematica era troppo complessa. Nel 1965 Penrose, ispirato dalla scoperta di violenti fenomeni che richiedevano una spiegazione, formulò nuovi metodi matematici con i quali dimostrò che la formazione dei buchi neri era una inevitabile conseguenza della Relatività generale, naturale e attesa“.

La figura del grande fisico/matematico britannico ha rappresentato per noi un importante fascio di luce ogni volta che abbiamo affrontato temi di meccanica quantistica, di biologia, di intelligenza artificiale o di neuroscienza.

Pochi anni fa, nel suo libro “Cycle of Time[1], Penrose ha giustificato un modello “ciclico” di universo, secondo cui il nostro non sarebbe che il più recente di una serie di universi che ciclicamente si susseguono. Secondo questa teoria, denominata Cosmologia Ciclica Conforme, prima del Big Bang da cui è nato il nostro universo ce n’è stato almeno un altro, che ha dato vita a un universo precedente. E prima ancora, egli sostiene, potrebbero essere esistiti innumerevoli altri universi.

Ogni ciclo dell’universo – Penrose li chiama “eoni” – ha una durata di lunghezza inimmaginabile, molto più dei 13,7 miliardi di anni che si calcola siano l’età dell’universo corrente. All’inizio di ciascun eone c’è un Big Bang; poi, nel corso del tempo, l’universo appena nato si evolve, da un magma informe di particelle omogenee a un insieme di strutture sempre più complesse: galassie, stelle, pianeti, forme di vita.

Nel corso della sua esistenza, passati molti miliardi di anni, l’universo tornerebbe a essere un mare di particelle uniformi a causa delle radiazioni emesse dai buchi neri in “evaporazione” (secondo la teoria esposta da Stephen Hawking nel 1970). A questo punto, ipotizza Penrose, l’universo subisce un’ulteriore trasformazione, contraendosi in un punto di dimensioni infinitesimali, condizione per il verificarsi di un nuovo Big Bang. Il cosmo rinasce dalle proprie ceneri come l’araba fenice.

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Nella libreria di qualunque appassionato di fisica non possono mancare – fra i tanti volumi pubblicati da Penrose – “La strada che porta alla realtà” (oltre 1200 pagine che racchiudono e descrivono lo stato della fisica teorica moderna) e “La mente nuova dell’imperatore” (in cui viene affrontato l’affascinante enigma della nostra mente, il funzionamento del cervello umano e l’intelligenza artificiale). Questo perché gli studi di Penrose si estendono ben oltre i confini della fisica, e con modalità transdisciplinare si confrontano con i temi della filosofia, della psicologia e delle neuroscienze.

Penrose ha sviluppato l’ipotesi denominata Orch-OR (Orchestrated objective reduction) secondo la quale la coscienza ha origine da processi all’interno dei neuroni, piuttosto che dalle connessioni tra i neuroni (la visione convenzionale). Il meccanismo è ritenuto essere un processo di fisica quantistica chiamato riduzione oggettiva che viene orchestrata dalle strutture molecolari dei microtubuli delle cellule cerebrali (costituenti il citoscheletro delle cellule stesse). Insieme al medico Stuart Hameroff, Penrose ha suggerito una relazione diretta tra le vibrazioni quantistiche dei microtubuli e la formazione della coscienza.

I due scienziati hanno scoperto che i microtubuli presenti nel cervello si trovano tra loro in perfetto stato di entanglement. Essi concordano nel ritenere che il “momento conscio” corrisponde “al collasso della funzione d’onda che raccoglieva in sé, in un unico stato quantistico, il complesso entanglement globale che unisce i microtubuli del cervello”. Questa fase viene denominata “riduzione obiettiva orchestrata” (Orch-OR).

Penrose e Hameroff affermano che l’emergere della coscienza si verifica solamente quando una “orchestra” di microtubuli (all’interno dei neuroni) in stato di coerenza quantistica fa in modo che la funzione d’onda che li governa collassi generando ogni volta un momento di coscienza secondo la semplicissima legge:

E = h/2πt

dove:

E = nanogrammi di proteine nei microtubuli

h/2π = costante di Planck

t = durata del fenomeno di coscienza

La formula denota che minore è il tempo t, maggiore è l’energia associata al fenomeno di “coscienza”. Se t = ∞, non esiste nessuna coscienza. Se t=0, il collasso genera una coscienza idealmente infinita.[2]

Penrose scrive che “l’origine della coscienza riflette il nostro posto nell’universo, la natura della nostra esistenza. La domanda da farsi è: la coscienza si è evoluta da complessi calcoli tra i neuroni del cervello o invece è la coscienza stessa, in qualche modo, a starci sempre accanto come il guscio di una tartaruga? … la nostra teoria ospita entrambi i punti di vista, suggerendo che la coscienza derivi da vibrazioni quantistiche in microtubuli che gestiscono le funzioni neuronali e sinaptiche e che collegano i processi cerebrali a processi di auto-organizzazione”. [3]

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Un intero capitolo del libro “La mente nuova dell’imperatore” è dedicato a un’attenta analisi di ciò che rappresenta la coscienza in relazione ai recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale nelle macchine. La sfida più grande che appare esaltare la ricerca – e che fortunatamente per il momento risulta molto ardua se non impossibile – è quella di dotare il robot di coscienza attraverso l’evoluzione degli studi sull’Intelligenza Artificiale. A tal proposito, Penrose afferma che un computer è capace soltanto di un ragionamento algoritmico (basato su sequenze logiche), mentre il cervello umano è aperto all’improvvisazione e all’inatteso, al caotico, vale a dire, è creativo. La mente umana, in altri termini, è molto più del suo cervello e delle sue connessioni neurali. “Quando affermo – scrive – la mia convinzione che la vera intelligenza richieda la coscienza, sto suggerendo implicitamente che l’intelligenza non possa essere simulata propriamente da mezzi algoritmici, ossia da un computer. […] Nell’azione della coscienza deve esserci un ingrediente essenzialmente non algoritmico”.[4]

Secondo Penrose, infatti, la formazione del giudizio – che sostiene essere il contrassegno della coscienza è di per sé qualcosa che gli studiosi dell’IA non potrebbero programmare al computer. Per prendere una decisione e formulare un giudizio cosciente è necessario il pensiero noetico, non il pensiero calcolante.

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Penrose introduce il suo voluminoso libro “La strada che porta alla realtà” con un fantasioso prologo in cui immagina l’alba della scienza – per come il termine è inteso oggi – a partire dalla storia di “Am-Tep”, un artigiano vissuto migliaia di anni fa che sperimenta un terribile terremoto e si chiede perché la disposizione delle stelle nei cieli rimane immutata a seguito di un simile evento: “Perché? Quali grandi forze controllano il comportamento del mondo e perché esse a volte si manifestano in modi violenti e apparentemente incomprensibili? Condivise le sue domande col nipote, ma non vi furono risposte[5].

Partendo da questo prologo e proseguendo da Pitagora e Talete fino alle più recenti formulazioni della meccanica quantistica, passando per la cosmologia e il Modello Standard della fisica, oltre 1000 pagine dopo Penrose conclude così la sua opera: “Come abbiamo visto vi sono altri problemi profondamente misteriosi di cui abbiamo scarsissime conoscenze. È molto probabile che il ventunesimo secolo rivelerà intuizioni persino più meravigliose di quelle con cui siamo stati benedetti nel ventesimo secolo. Ma affinché ciò avvenga, avremo bisogno di idee nuove e potenti, che ci conducano in direzioni significativamente diverse da quelle attualmente seguite. Forse quello di cui abbiamo maggiormente bisogno è qualche sottile cambiamento di prospettiva – qualcosa che noi tutti ci siamo lasciati sfuggire… [6]

 

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Note:

[1] R. Penrose – Cycle of Time – Bodley Head (UK) -2010

[2] R. Penrose – S. Hameroff, “Consciousness in the universe: A review of the ‘Orch OR’ theory “, Physics of Life Reviews, Volume 11, Issue 1, March 2014, Pages 39–78

[3] Stuart Hameroff, Roger Penrose. Consciousness in the universe. Physics of Life Reviews, 2013

[4] R. Penrose – La mente nuova dell’imperatore -Rizzoli 1992 – Cap. 10 “Dov’è la fisica della mente?”

[5] R. Penrose – La strada che porta alla realtà” – Rizzoli 2006 – pag. 1-5

[6] R. Penrose – La strada che porta alla realtà” – Rizzoli 2006 – pag 1045

Un pensiero su “Roger Penrose e “la mente nuova dell’imperatore”

  • Fernando Dell'Agli

    Argomento affascinante e complesso, brillantemente illustrato da Marzocca e reso comprensibile anche ai non addetti ai lavori

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