Open Source

Un’errata interpretazione della GPL

Mi sono recentemente trovato a discutere con un’Azienda che , erroneamente spaventata dalla licenza GPL con cui veniva distribuita una piattaforma, ne rifiutava l’adozione rinunciando ai vantaggi operativi che il software avrebbe dato al ciclo produttivo. Il rischio associato ai diritti di licenza, tende ad essere sovrastimato a causa di una errata interpretazione delle licenze reciproche (come ad esempio proprio la GPL).

Le licenze di questo tipo  richiedono che il codice sorgente di lavori derivati sia disponibile quando, e solo in quel caso, il software viene nuovamente distribuito. Inoltre, esse non impongono che il software derivato sia necessariamente distribuito alla larga comunità, ma solo ai destinatari specifici del lavoro. In altre parole, nessuna licenza prevede che il licenziatario sia tenuto a mettere a disposizione del vasto pubblico le modifiche realizzate per i propri scopi interni.

Un esempio pratico potrebbe essere quello di un’azienda che modifica il codice del server Web Apache, aggiungendo alcuni moduli necessari alle attività dell’azienda stessa: tali modifiche e aggiunte possono anche non essere re-immesse nella comunità Apache, qualora l’azienda non fosse disponibile a ciò, purchè ne faccia un uso proprio.

Certamente, una tale decisione non porterebbe alcun vantaggio allo sviluppo complessivo dell’ecosistema, almeno inzialmente. Ma in tempi successivi nulla esclude la possibilità che l’Azienda in questione – avendo meglio acquisito familiarità con l’Open Source – possa rivedere la sua posizione.

L’importante è aprire un varco, una seppur piccola breccia nel muro della diffidenza.

10 pensieri riguardo “Un’errata interpretazione della GPL

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  • A questo punto mi sorge una domanda: I terminali della lottomatica utilizzano linux come kernel, ma mi sono accorto che è una versione modificata, ora secondo “l’interpretazione dell’uso privato” la lottomatica non è dovuta a rilasciare il codice sorgente neanche a noi tabaccai che ne facciamo uso?

    Forse perché non la considerano “distribuzione” in quanto i terminali sono comunque concessi e non venduti?

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  • Se i terminali rimangono di loro proprietà, è come se lottomatica fornisse un servizio di SaaS (software as a service). In teoria non è tenuta a distribuire il sorgente.

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  • Capisco, devo chiedere a mio fratello, ma credo che i terminali siano ancora di loro proprietà.

    grazie per aver risolto il dubbio

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  • Ehm, Apache (come la maggior parte dei moduli) non è GPL… La Apache Software License è open source ma non copyleft.

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  • La sostanza della questione è che, a quanto pare, è difficile trovare esempî di software GPL modificato e non redistribuito… La GPL nasce proprio con l’intento di non essere “friendly” con chi nasconde i sorgenti… Non credo che la GPL consenta all’azienda di far firmare un non-disclosure agreement a clienti, dipendenti, collaboratori e partner. Questo vuol dire che chiunque abbia accesso al codice può legalmente diffonderne copie; e chiunque ne riceva una ha diritto ai sorgenti senza oneri aggiuntivi, a norma di GPL…

    Questo a noi freesoftwariani fa piacere, ma non è sempre ciò che vogliono le aziende.

    Imho, o si segue lo spirito del copyleft, o quello delle licenze MIT, BSD, Apache (o al più LGPL).

    Guido

    Mi è capitato di sviluppare software GPL che rispondeva a esigenze *molto* specifiche di un’azienda. Ne ho messo anche una copia su un server pubblico, ma più per una comodità personale che altro. Di fatto era codice non distribuito al pubblico: di fatto, ma non di diritto. La persona che lo sta usando può disseminarne copie quando e dove vuole, a me sta benissimo ma ne sono consapevole.

    L’esempio che fai sembra mostrare il contrario di quel che volevi dire: cioè che una licenza più liberale della GPL ha consentito ad Apache una maggiore penetrazione nel mondo enterprise.

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  • (PS: la firma è caduta accidentalmente nel punto sbagliato perché non ho usato syndaemon 🙂 Non sarebbe male se fosse attivato di default in Ubuntu ogni volta che è rilevato un touchpad… se no poi dicono che Vista è più user-friendly 😉

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  • @gd
    Giusto per precisare ulteriormente 🙂 la licenza Apache 2.0 è copyleft e compatibile con la GPL, non copyleft nella versione 1.1; ma entrambe sono anche software libero, non “solo” open source:
    http://www.fsf.org/licensing/licenses/

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  • Ah be’, sulle licenze si può puntualizzare all’infinito, la materia in effetti è complessa. Comunque, secondo en.wikipedia nemmeno la 2.0 è copyleft, e anche attingendo alla fonte originale, si vede che :

    «You may add Your own copyright statement to Your modifications and may provide additional or different license terms and conditions for use, reproduction, or distribution of Your modifications, or for any such Derivative Works as a whole […]»
    ( http://www.apache.org/licenses/LICENSE-2.0 )

    Nella pagina della FSF che citi si precisa che la Apache License 2.0 è compatibile con la GPLv3 ma non con la GPLv2.

    Ovviamente, compatibilità con la GPL e Copyleft sono due concetti diversi, tanto che persino GPLv2 e GPLv3 sono incompatibili fra loro 😛

    Quanto alla questione opensource vs freesoftware, in termini pratici sono sinonimi: un software che sia libero è anche a sorgente aperto, e viceversa; la differenza è fra il movimento opensource e il movimento freesoftware, una differenza di priorità filosofiche, una differenza fra uomini, stili, atteggiamenti più che una differenza fra licenze software.

    Scusate la pedanteria…

    Guido

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