Studi IntegraliL'uomo e la scienza

Nuovi scenari tecnologici all’orizzonte

Anche quest’anno l’IBM (per la nona volta consecutiva) ha pubblicato quelle che ritiene essere “Le cinque innovazioni che aiuteranno a cambiare la nostra vita entro i prossimi cinque anni“. In effetti si tratta delle 5 principali innovazioni sulle quali il colosso informatico statunitense ha investito miliardi di dollari e per le quali ritiene di dover realizzare un profitto certo nei prossimi cinque anni.

Il documento – che nell’insieme appare evocare alcune narrazioni di Aldous Huxley – sembrerebbe annunciare alle popolazioni del mondo che solo attraverso il completo affidamento sulla tecnologia, il futuro potrà tenere lontane le ansie generate dalle malattie, dal male e dalle limitazioni proprie dell’essere umano.

Tuttavia, considerando i singoli 5 punti da una prospettiva di osservazione più ampia, ciascuno di essi sembra invitare a una riflessione molto più approfondita di quanto possa sembrare.

Vediamoli nell’ordine.

 

Lo psicoanalista automatico

1 – In cinque anni, le parole e la scrittura saranno utilizzate come indicatori della nostra salute mentale e del benessere fisico. I modelli del nostro discorso e della scrittura, analizzati da nuovi sistemi cognitivi, forniranno segni rivelatori di precoci malattie mentali neurologiche e potranno aiutare medici e pazienti a meglio prevedere, monitorare e tenere traccia di questi disagi. In IBM, gli scienziati stanno utilizzando trascrizioni e ingressi audio di interviste psichiatriche, insieme a tecniche di apprendimento automatico, per individuare modelli di intervento finalizzati ad aiutare i medici a prevedere e controllare in modo accurato eventuali psicosi, schizofrenie, manie e depressioni“.

In altre parole, l’uomo post-moderno con l’aiuto della tecnologia cercherà di meglio individuare quelle malattie sociali che proprio la post-modernità e la tecnologia – più di altri fattori – hanno introdotto nella società. Una macchina da cui si entra pressoché sani e da cui si esce con una targhetta distintiva e discriminante, basata solo su complessi algoritmi di riconoscimento di modelli di pensiero. La complessità della mente umana, studiata nei dettagli per anni da scienziati come Sigmund Freud, Carl Gustav Jung, Melanie Klein, Alfred Adler, Erich Neumann e James Hillman, affidata alle discutibili determinazioni di una macchina automatica, verrà così assimilata a un razionale meccanismo che ne studierà i “difetti” secondo una nomenclatura assegnata.

Nonostante i grandi progressi e successi ottenuti nella materia, l’indagine della psiche umana è ancora un terreno in cui sorgono notevoli quesiti e domande irrisolte, spesso determinate dalla complessità e dalla conoscenza ancora superficiale dei meccanismi che la governano. Non si tratta di una disciplina regolata da norme e processi deterministici e certi, pertanto è molto improbabile (se non azzardato) ridurne la diagnosi in algoritmi matematici, per quanto complessi essi possano essere, in conformità a “pattern” strutturanti il discorso e la scrittura.

 

Il supereroe

2. In cinque anni, i nuovi dispositivi di visualizzazione che utilizzano la tecnologia hyperimaging e Intelligenza Artificiale, ci aiuteranno a vedere ampiamente di là del campo della luce visibile, combinando più bande dello spettro elettromagnetico per rivelare preziose informazioni o potenziali pericoli che altrimenti sarebbero sconosciuti o nascosti alla vista. Ancora più importante, questi dispositivi saranno portatili, affidabili e accessibili, affinché questa visione da supereroe possa essere parte delle nostre esperienze quotidiane.”

È rilevante qui l’uso volontario della locuzione “una visione da supereroe“. La tecnica offre all’uomo l’illusione di potersi affrancare dal Dio. Con essa, egli si emancipa dalla divinità, perché ottiene da sé ciò che un tempo era costretto a implorare al dio. Il congedo dagli Dei segna l’origine del sapere tecnico, tuttavia ciò che libera è anche ciò che incatena (vedi “Prometeo: l’eterna illusione” su questo blog). Ma l’eroe autentico, come scrive il filosofo Giuseppe Lampis, “sorge dal più assoluto disprezzo per il tempo, la durata, la terra, la materia. Egli è precisamente il risultato dell’emancipazione dal desiderio di potere terreno“.

Questo secondo punto dell’IBM sembrerebbe quindi mirato ad ampliare la vista riducendo però la nostra visione. Si è certi che fra le necessità primarie dell’uomo ci sia quella di vedere cose attualmente nascoste al senso della vista anziché allargare la propria visione del mondo? E questa vista da Superman, oltre che consentirgli di vedere un cervo nella nebbia, non potrebbe forse introdurre ulteriori problematiche oggi sconosciute? Ogni tecnologia porta con sé una serie di riflessi e conseguenze che vengono puntualmente disattese sotto le pressioni economico-politiche alle quali è soggetta.

 

Il laboratorio sotto pelle

3. Nei prossimi cinque anni, nuovi laboratori medici su un chip agiranno come nanotecnologie per l’indagine della salute, tracciando indizi invisibili nei nostri fluidi corporei e facendoci conoscere immediatamente se abbiamo ragione di vedere un medico. L’obiettivo è di ridurre fino a un singolo chip di silicio tutti i processi oggi effettuati nei normali laboratori di biochimica per analizzare la presenza di un’eventuale malattia.”

Questa “innovazione” mira a collezionare successi attraverso l’induzione e l’accrescimento dell’ansia “di vedere un medico“, fenomeno che è andato a svilupparsi di pari passo con il progresso tecnologico degli ultimi cinquant’anni. Interessante su questo punto quanto asserisce Emanuele Severino: “Il razionalismo occidentale è nato proprio con lo scopo di fornire all’uomo un «rimedio contro il terrore della vita»” (E. Severino – La filosofia contemporanea – Rizzoli 1986). In altri termini, l’accesso indiscriminato della tecnica a ogni livello consegna a buon mercato l’oppiacea illusione di poter allontanare il confronto con il mistero della vita, sempre legato al mistero della morte.

Quanti sarebbero disposti a farsi impiantare un chip-laboratorio per poter così quotidianamente controllare i corretti livelli biologici e chiamare il medico a ogni segnale di possibile deviazione? Probabilmente molti, purtroppo.

Paul Feyerabend, il noto e acuto filosofo e sociologo austriaco, usando il suo stile tipicamente asciutto e critico, scrive: “…qui emergono molto chiaramente i vantaggi del vecchio medico di famiglia, che conosceva i suoi pazienti, le loro idiosincrasie e le loro convinzioni: sapeva di che cosa avessero bisogno e aveva imparato a provvedere. Paragonati a lui, i moderni dottori «scientifici» sono come i dittatori che impongono le loro idee di salute e di malattia con il pretesto di una terapia che, nella maggior parte dei casi, è un esercizio di futilità” (P.Feyerabend – Dialogo sul metodo – Laterza 2001).

 

Riparare i danni provocati

4. In cinque anni, le nuove tecnologie di rilevamento a prezzi accessibili dispiegate nei pressi di pozzi di estrazione di gas naturale, intorno agli impianti di stoccaggio e lungo le condotte di distribuzione, consentiranno all’industria di individuare le perdite invisibili in tempo reale. Le reti di sensori wireless IoT (Internet of Things) collegati al cloud forniranno un monitoraggio continuo della vasta infrastruttura di gas naturale, permettendo l’individuazione di perdite in pochi minuti anziché in settimane, riducendo così l’inquinamento e la probabilità di eventi catastrofici“.

Potrebbe sembrare un messaggio positivo: in fondo si tratta di usare la tecnologia per scopi di sicurezza civile e ambientale. Eppure, riflettendo meglio, anche qui la tecnologia viene in soccorso dei pericoli e tragedie imposti all’ambiente dallo stesso sviluppo tecnologico. Come si accennava per il secondo punto, le pressioni economico-politiche impongono l’immediato utilizzo di innovazioni catalogate come – sotto alcuni discutibili punti vista – “assolutamente necessarie”, fatto salvo poi accorgersi dopo decenni dei danni provocati all’ambiente e cercare di correre ai ripari. Ben vengano comunque i sistemi atti a “contenere” questa tipologia di rischio.

In questo punto 4 si accenna all’IoT (Internet of Things). In questo momento, una quantità inimmaginabile di “agenti” non umani interagisce trasferendo nelle vite private delle persone i risultati del loro Big Data, lasciando una (piccola) parte di controllo all’utente e immagazzinando i dati degli utenti privati all’interno delle loro enormi infrastrutture digitali. Questi includono (tra l’altro) telecamere di sorveglianza, interruttori comandati da remoto, termostati intelligenti, sensori per la domotica e i nuovi sistemi di telecomando vocale quali Alexa, Siri e Google Home. Tuttavia, quando questi agenti travalicano l’effimero mondo dell’intrattenimento o degli automatismi per approdare sulle sponde della sanità e della medicina, ben pochi sarebbero disposti a rinunciare al nuovo “oggetto” che si trasforma in un totem per scacciare il male del mondo.

È questo, ad esempio, il caso del recente accordo tra IBM, Apple, Medtronic e Johnson & Johnson per lo studio e la produzione di dispositivi “indossabili” (wearable devices) dedicati all’analisi e la cura di pazienti diabetici. Il dispositivo (presumibilmente un orologio) sarà però collegato online e trasmetterà dati sensibili dell’utente verso una banca dati di riferimento.

A tal proposito, la sola palese dichiarazione di Kyu Rhee (CHO di IBM Watson) può fugare ogni dubbio circa le motivazioni del progetto: “La nostra speranza è che questo progetto non impatti solo i medici, i ricercatori, i pazienti o gli operatori sanitari, ma includa anche gli imprenditori“.

 

Il significato dei dati

5. In cinque anni, useremo algoritmi e software di apprendimento automatico per aiutare a organizzare le informazioni sul mondo fisico, per contribuire a comprendere la vastità di dati acquisiti da miliardi dispositivi. Noi chiamiamo questo un “macroscopio” – ma a differenza del microscopio per vedere l’infinitamente piccolo, o il telescopio per vedere l’infinito distante, si tratta di un sistema di software e algoritmi per raccogliere insieme tutti i dati complessi della Terra ed analizzarne il significato“.

Nei dettagli descrittivi di questo punto, si legge che i dati sul clima, il suolo e l’acqua consentiranno la nascita di una “nuova generazione di agricoltori” per produrre “rendimenti ottimali“. Come per gli altri, anche questo punto non è esente dalla trappola del rendimento e del profitto. In altri termini, l’innovazione deve poter generare utili per essere interessante, indipendentemente da qualunque altra considerazione etica o di valore per l’uomo.

Non occorrono esempi per capire che il fenomeno Big Data è una realtà spesso sconcertante per il numero di informazioni da gestire, e che ciò che oggi per noi è definito “Big“, non lo sarà più tra 5 anni dove occorrerà coniare altre terminologie e corrispondenti tecnologie di analisi. Tuttavia la caratteristica più sorprendente che si rileva nell’avvicinarsi al fenomeno di Big Data, è che proprio a causa della dimensione e della destrutturazione dei dati, l’informazione non esiste fintantoché non viene formulata la domanda. Questa è molto più decisiva di tutte le possibili risposte poiché, senza gli opportuni vincoli nelle domande, le risposte potrebbero essere sconcertanti e foriere di tragiche derive nel nome del progresso.

 

Conclusioni

È sempre più evidente come ampie parti di popolazione del mondo occidentale rimangano oggi affascinate e completamente “rapite” dal richiamo suadente del progresso tecnologico e dei nuovi dispositivi immessi sul mercato. Non esiste però al momento alcun organismo sovranazionale “etico” di controllo e verifica della tecnologia messa a disposizione del pubblico, e ciò rende l’industria completamente libera nel realizzare scelte di natura meramente economica e reddituale che non sempre concordano con le vere esigenze dell’uomo.

Secondo Feyerabend, “la scienza che nei secoli scorsi ha effettivamente liberato energie intellettuali ed è stata occasione di notevoli innovazioni, ormai è diventata un business che deve la sua straordinaria popolarità e la sua enorme autorità sociale soprattutto alle sue spettacolari applicazioni tecnologiche. Il progresso umano e civile non coincide necessariamente con quello tecnico-scientifico”.

 

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