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La freccia del tempo

Sebbene tutte le maggiori leggi della fisica siano completamente reversibili nel tempo, per ciascuno di noi esso si muove in una sola direzione: dall’aspettativa, attraverso l’esperienza, alla memoria. Questa linearità è denominata “la freccia del tempo” e alcuni fisici ritengono che essa progredisca in quel modo solo perché gli esseri umani e altre creature con simili strutture neurologiche esistono per osservarne il passaggio.

La questione della freccia del tempo non è nuova e numerosi sono i trattati di fisica e filosofia in merito, tuttavia il tema non è quello dell’esistenza o meno del tempo, piuttosto della sua direzione e individuazione.

La gravitazione di Newton, l’elettrodinamica di Maxwell, la relatività speciale e generale di Einstein, la meccanica quantistica e tutte le equazioni che descrivono al meglio il nostro Universo funzionano perfettamente in qualunque direzione scorra il tempo. Un esempio di questa qualità di reversibilità del tempo nell’Universo può essere rappresentato dal percorso di un pianeta orbitante intorno a una stella. “Sia che il tempo scorra avanti o indietro, le orbite planetarie seguono sempre gli stessi esatti percorsi. L’unica differenza è data dalla direzione dell’orbita” come scrive Brendan Cole.

Tuttavia occorre richiamare alla memoria la seconda legge della termodinamica, la quale afferma che con il passare del tempo, la quantità di disordine – o entropia – nell’Universo aumenta sempre. Per questa ragione i fisici hanno stabilito – con molta riluttanza – che proprio questa legge possa essere considerata come la sorgente della freccia del tempo: dovendo sempre aumentare l’entropia all’avvenire di qualcosa, il tempo può muoversi solo in una direzione.

Si ritiene però che la freccia del tempo emerga solo quando un numero sufficiente di particelle – individualmente disciplinate dalle regole della meccanica quantistica – interagiscono e iniziano a mostrare comportamenti che rientrano in quelli della fisica classica.

Tutto questo ci riporta a uno dei più grandi problemi della fisica, la ricerca di una legge unificatrice della meccanica quantistica con quella classica. Nella meccanica quantistica, le particelle rispondono al principio di sovrapposizione, un elettrone può esistere in due stati differenti e nessuno può dire con certezza in quale stato si trovi fino a quando non lo si osservi. Dove sia effettivamente quell’elettrone può essere rappresentato solo da una probabilità. Tuttavia, le regole cambiano quando gli elettroni iniziano a interagire con altri oggetti, come un gruppo di molecole d’aria, oppure quando prendono parte alla formazione di realizzazioni macroscopiche (la polvere, la sabbia, l’acqua, una pietra).

In quel momento, la fisica classica impone le sue regole e la gravità inizia a influenzare la materia. Quell’istante in cui la fisica delle particelle si fonde con la meccanica classica è chiamata “decoerenza” e dal punto di vista della fisica, ciò rappresenta il momento in cui la direzione del tempo diventa matematicamente importante in quanto l’entropia inizia a crescere. E così, la maggior parte dei fisici ritiene che la freccia del tempo emerga dalla decoerenza quantistica.

La più importante teoria descrittiva della decoerenza è l’equazione Wheeler-DeWitt (1965), uno strumento fondamentale per la comprensione della stranezza sottostante la decoerenza e la cosiddetta gravità quantistica.

Tuttavia, quando i fisici Dmitry Podolsky e Robert Lanza hanno eseguito misure della gravità attraverso l’equazione di Wheeler-DeWitt, hanno scoperto che l’equazione non spiega come la direzione del tempo passato-futuro in realtà possa manifestarsi. Infatti, secondo il loro studio pubblicato dalla Cornell University Library gli effetti della gravità entrano in gioco troppo lentamente per giustificare una freccia universale del tempo. Se la gravità è troppo debole perché rappresenti la forza che gestisce l’interazione tra particelle decoerenti in qualcosa di più grande, non può essere altrettanto forte da costringerle verso la stessa direzione temporale.

Il nostro documento mostra che il tempo non è qualcosa che esiste ‘là fuori’ scandendo incessantemente gli istanti dal passato verso il futuro, ma è piuttosto una proprietà emergente che dipende dalla capacità dell’osservatore di conservare le informazioni sugli eventi di cui ha avuto esperienza” ha dichiarato Robert Lanza.

Ciò suggerisce che la freccia del tempo è soggettiva e determinata da parte dell’osservatore, in altri termini: da noi stessi. Il tempo ci appare com’è perché gli esseri umani sono biologicamente, neurologicamente, filosoficamente realizzati per rilevarlo in questo modo.

Nei suoi saggi sulla relatività, Einstein ha dimostrato che il tempo è relativo all’osservatore “, dice Lanza. “Il nostro studio introduce un passo avanti, sostenendo che sia in realtà l’osservatore a crearlo“. Questa non è necessariamente una nuova teoria: il fisico Carlo Rovelli ha scritto di questo argomento in un documento pubblicato lo scorso anno, nè tantomeno incontrovertibile viste alcune critiche poste dal fisico Yasunori Nomura dell’Università di Berkeley.

Non siamo ancora giunti a spiegare la variabile “tempo” nell’Universo ma, come Lanza e Podolsky suggeriscono, forse ci manca ancora qualcosa. E se quel qualcosa fosse, come hanno ipotizzato alcuni ricercatori all’inizio di quest’anno, l’energia oscura? Tuttavia, così come il tempo, anche le teorie più azzardate della fisica sono relative.

 

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(Fotografia di Antony Archer)

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